Accoglienza, verità e bellezza per un turismo dal volto umano.
“Corinaldo, ad esempio. Un paese che in sé è un’opera d’arte, e trasuda storia e arte e tradizione da ogni pietra. Ma è anche il paese che custodisce la casa di Santa Maria Goretti, testimone di una fede semplice e forte. E anche, da poco, la sede di un Centro studi sulla violenza alle donne.” Queste alcune delle parole dette a Bibione in occasione del Convegno su “Accoglienza, verità e bellezza per un turismo dal volto umano”. L’arte che si mescola alla storia e alla fede vissuta, con un sapore di attualità.
Ecco alcune delle parole pronunciate da Giovanni Bomprezzi, presidente della cooperativa “Undicesima ora” di Senigallia, intervenuto al convegno: «Il territorio ci parla, sta a noi saperlo ascoltare e valorizzare ». Bomprezzi ha parlato della sua esperienza di “Parco culturale ecclesiale” durante la mattinata conclusiva del Meeting “Viaggiatori dello spirito, lo spirito del viaggio”, organizzato a Bibione dall’Ufficio nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, insieme ad Avvenire e alla diocesi di Concordia-Pordenone.
Bomprezzi, intervistato da Giovanni Gazzaneo, coordinatore di “Luoghi dell’Infinito”, ha sottolineato «dentro di noi c’è comunque una domanda di vero, di bene e di bello, non solo di svago e avventura. E l’impronta del vero viaggiatore e pellegrino è la nostalgia dell’infinito».
Il “turismo dal volto umano” è quello che sa valorizzare lo spirito di un territorio, la sua arte e le sue bellezze, con accanto una comunità ecclesiale che mette a disposizione «un patrimonio artistico, culturale e storico di prim’ordine, nel quale passa anche un’inequivocabile testimonianza di fede», così si esprime il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, nel messaggio inviato a Bibione.
Tra gli intervenuti don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale Cei, Andrea Babbi, direttore nazionale dell’Enit e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che così conclude: «Dobbiamo ridiventare consapevoli del patrimonio che abbiamo e dobbiamo condividere anche con chi sembra molto diverso da noi. Perché, alla fine, l’accoglienza conquista».
Leggi l’articolo del 15/05/2015 su: Avvenire.it