Un ritrovamento del tutto eccezionale ha accompagnato la visita di Santa Maria Goretti, che si è svolta questi giorni ad Augusta fino al 24 Febbraio.
La città siciliana ha infatti rivestito un ruolo importante nella storia di Alessandro Serenelli, avendo qui trascorso circa un anno della sua reclusione (dall’estate del 1918 fino alla Settimana Santa del 1919). E durante la visita del corpo della Santa è stato ritrovato il registro di reclusione dell’antico carcere, che certifica il passaggio del Serenelli in queste mura (per approfondimenti sulla notizia clicca qui).
Alessandro arrivò ad Augusta dopo aver trascorso i primi 15 anni di prigionia a Noto, altra città siciliana, beneficiando della cosidetta “classe rossa”, dal colore del nastrino che da quel momento in poi avrebbe accompagnato la sua divisa da prigioniero. La classe rossa si raggiungeva dopo aver trascorso metà della propria pena e venivano riconosciute al detenuto alcuni alleggerimenti. Alessandro come “beneficio” chiese il trasferimento in un penitenziario dove poter lavorare, vedensodi assegnare Augusta.
Augusta non è molto lontana da Noto, una città portuale importante e un carcere – l’antico Castello Svevo – con annessa una colonia dove lavorare pietre per la costruzione e l’ampliamento del porto.
Ma qui Alessandro, più che il lavoro, trovò la malattia. Era in corso la grande epidemia di “spagnola”, che contò oltre quattrocentomila morti nella sola Italia tra il 1918 e il 1920. Alessandrò non fu immune dal contaggio di un morbo che non aveva cure, ma solo rimedi per arginare gli effetti collaterali. Tuttavia la Provvidenza fu con lui benevola, e questo episodio sarà testimonato come chiave per il suo cammino di riscatto.
Leggiamo dalle sue stesse parole:
“Ebbi la spagnola nel carcere di Augusta e fu nel 1918. Il medico non mi fece niente o quasi, ricordo che visitava in fretta e fumava sempre. A ripensarci ora trovo che ci fu il dito di Dio a tenermi in vita. La spagnola non scherzava, ti portava via senza misericordia, spazzava via interi paesi e non c’era posto neanche per seppellire i morti al cimitero. Si scavano fosse ovunque e giù come si era.
Trovo che ci fu il dito di Dio riguardo a me, perché se fossi morto allora, non avrei potuto ritrattare quelle calunnie che avevo messo addosso a Maria Goretti in tribunale. Calunnie che avrebbero potuto impedire la canonizzazione.
Ogni volta che ripenso a questo, mi sento addosso un brivido freddo e mi viene, come dire, la pelle d’oca. Poverina, lei era innocente come l’acqua e le mie calunnie avrebbero impedito la sua santificazione. Era come ucciderla una seconda volta. Ma Dio non permise questo e mi conservò alla vita.”
[Tratto da Alessandro Serenelli, storia di un uomo salvato dal perdono].
Si capisce dunque come la visita del corpo di Santa Maria Goretti nel vecchio Castello Svevo, ormai completamente in disuso, abbia rappresentato una pagina di straordinaria importanza durante il pellegrinaggio di Marietta nella città di Augusta (clicca qui per vedere un video dell’evento). Un ulteriore arricchimento “moderno” nelle vicende umane e spirituali della storia gorettiana.