Sessant’anni fa Pio XII canonizzava la piccola contadina divenuta emblema di coerenza e testimonianza.
24 giugno 2010
La sera del 24 giugno del 1950, in piazza San Pietro, «dinanzi una sterminata moltitudine» – come sottolineò allora «L’Osservatore Romano» – Pio XII proclamava santa Maria Goretti, la ragazzina che il 5 luglio del 1902, a soli 11 anni, fu uccisa nei pressi di Nettuno a seguito di un tentativo di stupro. La figura di Maria Goretti, che in punto di morte arrivò a offrire il suo martirio affinché anche il suo carnefice – Alessandro Serenelli – potesse godere del perdono di Dio, resta cara a tanti fedeli che continuano a renderle omaggio nel santuario a lei dedicato. Maria Goretti non è però solo l’icona di una fede popolare. Oggetto anche di dibattiti culturali talvolta aspri – basti ricordare, nel 1985, il libro provocatorio di Giordano Bruno Guerri dal titolo «Povera santa, povero assassino» – è diventata nel tempo il simbolo di una coerenza da custodire fino alle estreme conseguenze. Un simbolo non solo religioso: il giovane Enrico Berlinguer, allora segretario della federazione che riuniva i giovani comunisti, arrivò a indicare ai propri militanti la piccola contadina Maria Goretti come esempio di testimonianza rigorosa. In occasione dell’anniversario, pubblichiamo il discorso che al termine della solenne canonizzazione fu pronunciato da Pio XII
Venerabili Fratelli e diletti figli,
Per un amoroso disegno della Provvidenza divina l’esaltazione suprema di una umile figlia del popolo è stata celebrata in questo vespro luminoso con una solennità senza pari e in forma sin qui unica negli annali della Chiesa: nella vastità e nella maestà di questo luogo di mistero, fatto tempio sacro, cui è volta il firmamento che canta le glorie dell’Altissimo; da voi così bramata, prima che da Noi disposta; con un concorso di fedeli numerosissimo, quale non videro mai eguale le altre canonizzazioni; e soprattutto quasi così imposta dall’abbagliante fulgore e dalla inebriante fragranza di questo giglio, ammantato di porpora, che or ora con intimo gaudio abbiamo ascritto all’albo dei Santi, la piccola e dolce Martire della purezza: Maria Goretti.
Perché, diletti figli, siete accorsi in così sterminato numero alla sua glorificazione? Perché, ascoltando o leggendo il racconto della sua breve vita, così somigliante a una limpida narrazione evangelica per semplicità di linee, per colore di ambiente, per la stessa fulminea violenza della morte, vi siete inteneriti fino alle lacrime? Perché Maria Goretti ha conquistato così rapidamente i vostri cuori, fino a divenirne la prediletta, la beniamina? Vi è dunque in questo mondo, apparentemente travolto e immerso nell’edonismo, non soltanto una sparuta schiera di eletti assetati di cielo e di aria pura, ma folla, ma immense moltitudini, sulle quali il soprannaturale profumo della purezza cristiana esercita un fascino irresistibile e promettente: promettente e rassicurante.
Se è vero che nel martirio di Maria Goretti sfolgorò soprattutto la purezza, in essa e con essa trionfarono anche le altre virtù cristiane. Nella purezza era l’affermazione più elementare e significante del dominio perfetto dell’anima sulla materia; nell’eroismo supremo, che non s’improvvisa, era l’amore tenero e docile, obbediente ed attivo verso i genitori; il sacrificio nel duro lavoro quotidiano; la povertà evangelicamente contenta e sostenuta dalla fiducia nella Provvidenza celeste; la religione tenacemente abbracciata e voluta conoscere ogni dì più, fatta tesoro di vita e alimentata dalla fiamma della preghiera; il desiderio ardente di Gesù Eucaristico, ed infine, corona della carità, l’eroico perdono concesso all’uccisore: rustica ghirlanda, ma così cara a Dio, di fiori campestri, che adornò il bianco velo della sua prima Comunione, e poco dopo il suo martirio.
Così questo sacro rito si svolge spontaneamente in un’accolta popolare per la purezza. Se alla luce di ogni martirio fa sempre amaro contrasto la macchia di una iniquità, dietro a quello di Maria Goretti sta uno scandalo, che all’inizio di questo secolo parve inaudito. A distanza di quasi cinquant’anni, tra la spesso insufficiente reazione dei buoni, la congiura del malcostume, valendosi di libri, di illustrazioni, di spettacoli, di audizioni, di mode, di spiagge, di associazioni, tenta di scalzare in seno alla società e alle famiglie, a danno principalmente della fanciullezza anche tenerissima, quelli che erano i presidi naturali della virtù.
O giovani, fanciulli e fanciulle dilettissimi, pupille degli occhi di Gesù e dei Nostri, – dite – siete voi ben risoluti a resistere fermamente, con l’aiuto della grazia divina, a qualsiasi attentato che altri ardisse di fare alla vostra purezza?
E voi, padri e madri, al cospetto di questa moltitudine, dinanzi alla immagine di questa vergine adolescente, che col suo intemerato candore ha rapito i vostri cuori, alla presenza della madre di lei, che, educatala al martirio, non ne rimpianse la morte, pur vivendo nello strazio, ed ora s’inchina commossa ad invocarla, – dite – siete voi pronti ad assumere il solenne impegno di vigilare, per quanto è da voi, sui vostri figli, sulle vostre figlie, affine di preservarli e difenderli contro tanti pericoli che li circondano, e di tenerli sempre lontani dai luoghi di addestramento alla empietà e alla perversione morale?
Ed ora, o voi tutti che Ci ascoltate, in alto i cuori! Sopra le malsane paludi e il fango del mondo si stende un cielo immenso di bellezza. È il cielo che affascinò la piccola Maria; il cielo a cui ella volle ascendere per l’unica via che ad esso conduce: la religione, l’amore di Cristo, la eroica osservanza dei suoi comandamenti.
Salve, o soave e amabile Santa! Martire sulla terra e angelo in cielo, dalla tua gloria volgi lo sguardo su questo popolo, che ti ama, che ti venera, che ti glorifica, che ti esalta. Sulla tua fronte tu porti chiaro e fulgente il nome vittorioso di Cristo (cfr. Apocalisse , 3, 12); sul tuo volto virgineo è la forza dell’amore, la costanza della fedeltà allo Sposo divino; tu sei Sposa di sangue, per ritrarre in te l’immagine di Lui. A te, potente presso l’Agnello di Dio, affidiamo questi Nostri figli e figlie qui presenti e quanti altri sono a Noi spiritualmente uniti. Essi ammirano il tuo eroismo, ma anche più vogliono essere tuoi imitatori nel fervore della fede e nella incorruttibile illibatezza dei costumi. A te i padri e le madri ricorrono, affinché tu li assista nella loro missione educativa. In te per le Nostre mani trova rifugio la fanciullezza e la gioventù tutta, affinché sia protetta da ogni contaminazione e possa incedere per il cammino della vita nella serenità e nella letizia dei puri di cuore. Così sia. (Dall’Osservatore Romano)