[6 luglio 2002 – S. Maria Goretti] Il centenario del martirio (dal Corriere della Sera del 22 giugno 2002) di Vittorio Messori.
Il 5 luglio saranno passati cento anni da quel pomeriggio di afa velenosa, malarica, nella desolata cascina di Ferriere di Conca, nelle Paludi Pontine. Il tentativo di stupro nella cucina comune, la disperata resistenza della piccola Maria, il punteruolo di Alessandro Serenelli che per quattordici volte penetra, spinto da una furia parossistica, nell’addome e nel petto. Null’altro, in apparenza, che un fattaccio di cronaca nera, non infrequente nella vecchia società contadina. Invece, fu l’inizio imprevedibile di un’epopea mondiale.
Il Santuario di Nettuno dove giacciono i resti di Maria Goretti è tra i più frequentati da folle sempre crescenti e provenienti da ogni continente. L’immagine – di fantasia: non si hanno sue fotografie – della fanciulla bionda con i gigli della purezza è appesa in milioni di case ed è custodita in innumerevoli portafogli. Ogni mese, sulla rivista dei Padri Passionisti, custodi della basilica sulle coste laziali, pagine e pagine sono dedicate alla segnalazione di grazie e prodigi ottenuti per intercessione di questa bambina che aveva undici anni, nove mesi, ventun giorni quando spirò nello squallido lazzaretto di una provincia miserabile. “Cielo sulla palude”, il film che Augusto Genina le dedicò nel 1949, è una buona pellicola, non il consueto sottoprodotto per le sale di oratorio ed ebbe (in qualche caso continua ad avere) spettatori commossi in tutto il mondo. Quando, a metà degli anni Ottanta, Giordano Bruno Guerri pubblicò sul caso un libro provocatorio sin dal titolo (“Povera santa, povero assassino”), gli animi si eccitarono: io stesso, sul palco di un teatro milanese, nel ruolo di difensore, ricordo bene gli applausi e i fischi di una folla tumultuante.
Per l’imminente centenario di quella morte, che per la Chiesa fu un martirio, si muoveranno cardinali, giungeranno teologi illustri per un convegno, sono previste cerimonie e fiaccolate con l’intervento di ministri e non mancherà uno speciale messaggio del Papa stesso. C’era imbarazzo, nel Partito comunista, quando si ricordava che – a metà degli anni Cinquanta – il giovane Enrico Berlinguer aveva raccomandato ai militanti suoi coetanei di guardare come a un esempio di coerenza da imitare, alla testimonianza di quella piccola santa contadina. Per tale esortazione, Berlinguer dovette subire per anni le ironie dei compagni. A noi sembra, invece, che il futuro segretario generale del Pci non abbia sbagliato in quel richiamo, solo apparentemente sorprendente, a Maria Goretti. In effetti, anche restando su un piano del tutto “laico”, che cosa c’è di più attuale che la disperata difesa di una bambina dall’aggressione brutale di un violentatore? E c’è forse qualcuno – quale che sia la sua fede o la sua incredulità – che, oggi soprattutto, non senta la nobiltà vertiginosa delle ultime parole dell’agonizzante: “Dite ad Alessandro che non solo gli perdono ma che offro la mia morte perché il Signore lo porti con me in Paradiso”? E tra tanti propositi, così spesso frustrati, di recupero di chi ha sbagliato, non fa forse riflettere la vita volontariamente penitente in carcere, per 27 anni, dell’assassino e il suo ritirarsi infine in un convento cappuccino, dove finì col morire addirittura in odore di santità? Quella stessa Chiesa che aveva elevato la vittima alla gloria degli altari, accolse con amore di madre anche l’omicida e lo guidò sui sentieri impervi del riscatto e della redenzione. Non c’è, pure qui, un esempio su cui riflettere per i figli di culture e di ideologie spietate che non conoscono il perdono e che innalzano muri tra “loro” e gli “altri”? Nel gran parlare, poi, così spesso demagogico, di esclusi, emarginati, poveri, è forse indifferente che alla venerazione del mondo intero sia stata innalzata l’ultima tra gli ultimi, la figlia orfana di un bracciante venuto da Corinaldo a morire di malaria nell’inferno delle paludi? Sono domande che ci sembra legittimo porre a coloro che non lesinano ironie sul culto tributato dalla Chiesa a una bambina non ancora dodicenne che preferì morire piuttosto che rinunciare alla dignità che un poveraccio quasi alla pari di lei, in un raptus sessuale, voleva sottrarle. Non dimenticando, poi, che se Maria Goretti è sugli altari, questo non è avvenuto per strategie o per calcolo clericali, ma per irresistibile pressione di popolo. C’è qualche cosa di misterioso nell’istinto che, subito, spinse le folle ad invocare l’aiuto di questa oscura piccola che, da parte sua, rispose alle invocazioni con un’autentica pioggia di grazie. Quando, il 24 giugno del 1950, Pio XII procedette alla canonizzazione, piazza San Pietro era stracolma di una folla immensa che nessuno aveva organizzato e che era accorsa festosa, spontaneamente. E nessuno, se non l’istinto di fede, convoglia verso il Santuario di Nettuno le grandi masse che vi si succedono. La santità è “democratica”: anche, soprattutto, quella che la Chiesa ha riconosciuto alla piccola marchigiana che diede la sua testimonianza sotto il cielo dell’immensa palude.
© Corriere della Sera – 22 giugno 2002